domenica, febbraio 15, 2009

le ore della passione

C'è chi compra, a un estremo, un'automobile per un puro e semplice scopo utilitaristico. All'altro capo dell'Universo c'è chi vede nella propria auto un'emanazione dello spirito. L'auto possiede caratteristiche fisiche ed estetiche in sintonia con il proprio carattere, i propri valori, il proprio esclusivo modo di “sentire” la passione automobilistica. In questo contesto, l'auto in sé e per sé è solo il punto di inizio. Questa, infatti, si interiorizza, permette di sviluppare un certo “gusto” nelle cose propagandosi e diffondendosi nella quotidianità e nel sistema degli atteggiamenti e dei desideri in una moltitudine di sfaccettature, fino alle più “frivole” ma significative: abbigliamento firmato, domenica in pista, weekend “on the road”, collezionismo di libri, riviste, modellini e oggettistica di vario genere. E orologi.

L'orologio è il nostro più fido compagno nella vita di tutti i giorni. C'è chi afferma senza mezzi termini di sentirsi nudo se non ha il proprio orologio al polso. Questi complicati strumenti sono, a modo loro, come le auto: gioielli di meccanica, miti intramontabili, dotati di forme e prestazioni straordinarie, prodotti in tante versioni e nelle più appetitose e rare edizioni limitate e sui quali esiste un florido mercato (compreso quelle - ahi noi - delle repliche, sempre più simili agli originali). La misurazione del tempo e le automobili sono indissolubilmente legati tra loro: come semplice riferimento temporale negli spostamenti, come sistema di misura nelle competizioni, come espressione di una determinata filosofia di vita. Puoi sentirti un po' Paul Newman e allora il tuo orologio è (o dovrebbe essere) un Rolex Daytona. Oppure sogni la Porsche 917 alla 24 Ore di Le Mans dunque il tuo mito è il Tag Heuer Monaco reso celebre Steve McQueen. Oppure sei semplicemente convinto che al polso di un appassionato d'auto ci debba essere un segnatempo con cronografo e lunetta con scala tachimetrica ma con una grandiosa tradizione e una grande importanza storica. “Sei fatto”, allora, per il mitico Omega Speedmaster Moonwatch.

Ai lettori il compito di stabilire quale sia il migliore accoppiamento in assoluto: Rolex Daytona con Ferrari Enzo? Porsche 997 GT2 con Tag Heuer Monaco? Omega Speedmaster Moonwatch con Lamborghini Gallardo? La parola al cuore!

ROLEX DAYTONA
L'orologio dedicato a uno dei circuiti più famosi del mondo, dove hanno vinto i giganti dell'automobilismo mondiale (come dimenticare “l'1-2-3” delle Ferrari 330 P4 all'edizione '67?), dagli anni '80 è un vero fenomeno di mercato, assurto al rango di mito per collezionisti dopo un passato trascorso alquanto in sordina. Oggi arriva contingentato nelle boutique del mondo, proposto al prezzo di listino solo ai clienti speciali. Altrimenti, lo si può avere subito sborsando almeno una volta e mezza il suo costo (se risultate simpatici!).
Non si può parlare di autentico “cronografo” nell'ambito della gamma Rolex prima dell'inizio degli anni '60. Anche se mancante della caratteristica scritta sul quadrante, il modello nato nel 1961 con “referenza” (codice numerico identificativo del modello) 6238 (cassa da 38 mm di diametro movimento svizzero Valjoux 72, modificato da Rolex a creare il calibro 722, pulsanti “a pompa”) può essere considerato il primo vero Daytona.
Questa sorta di pre-Daytona è stato prodotto in numerose varianti: cassa in acciaio oppure oro e quadrante bianco o nero. E' rimasto in listino fino al '67. Dal “successivo” modello, nato nel 1963 e recante la referenza, appare per la prima volta la scritta “Cosmograph Daytona”, la scala tachimetrica sulla lunetta (la cornice attorno al quadrante) e i piccoli contatori del cronografo di colore diverso rispetto al quadrante principale. Lo stesso dicasi per la Ref. 6241, equipaggiata con lunetta di colore nero. Parallelamente, nel '65, entrava in commercio (fino al '69) la Ref. 6240, primo tentativo di proporre il Daytona con i pulsanti del cronografo “a vite”.

PAUL NEWMAN.
A partire dalla Ref. 6239, il Daytona offre, all'interno delle sue varianti, la famosa (e molto preziosa) versione Daytona Paul Newman (indossato dal compianto attore americano, sembra, peraltro, senza alcuna velleità promozionale), caratterizzato da alcune differenze con un “6239” normale: il contatore dei minuti cronografici alle ore 9 reca le cifre 15, 30, 45 e 60, al posto dei classici 20, 40 e 60. Inoltre la grafica dei piccoli quadranti è diversa rispetto al modello standard. Oltre al modello 6239, il Daytona Paul Newman è stato proposto nei modelli con referenza 6240, 6241, 6262, 6263, 6264 e 6265. La difficoltà principale relativa a questo modello consiste nell'essere estremamente difficile stabilirne l'originalità “ab origine”.
All'epoca della vendita presso i negozi, infatti, molti proprietari di Rolex Daytona (soprattutto in America) si fecero “aggiornare” il loro modello per trasformarlo in un Paul Newman. Oggi si stima che quelli veramente originali siano poche centinaia e le quotazioni, evidentemente, non hanno un limite: si può partire da 50.000 euro e sfondare comodamente i 100.000 euro alla luce di vari fattori (condizioni, revisioni, conservazione, componentistica originale ecc.).
Durante la sua evoluzione, in particolar modo all'inizio degli Anni '70, il Rolex Daytona è presente sul mercato con varie referenze, a dimostrazione di non aver ancora trovato una sua definitiva via d'espressione. Lo dimostra il fatto che due rare referenze, la n.6262 (prodotta dal 1970 al '71) e la 6264 (dal '70 al '72) possiedano ancora i pulsanti a pompa. Questi modelli, in particolare, montano un nuovo movimento: il calibro 727 con carica manuale. Lo stesso movimento è presente anche su due nuovi modelli, presentati nello stesso periodo: le ref. 6263 (lunetta in plastica nera) e 6265 (lunetta metallica). Questi rimasero in produzione fino al 1988, anno in cui fu presentato un modello completamente nuovo.

DAYTONA ZENITH.
Indicato dalla ref. 16520 è un orologio completamente nuovo: cassa da 40 mm di diametro, voluminosa protezione per la corona, e movimento meccanico a carica automatica di derivazione Zenith El Primero 3019, rinominato Calibro Rolex 4030. Sul quadrante campeggiano le altisonanti scritte “Oyster Perpetual" e "Superlative Chronometer officially certified”. Di questo modello vengono prodotte varie versioni, contraddistinte da uno specifico numero di referenza: cassa in acciaio o in oro, quadrante bianco, nero o di altri colori, bracciale in metallo o cinturino.

L'ULTIMO DAYTONA
Ma c'è tempo per un'ulteriore evoluzione, che ha creato il modello attualmente presente sul listino ufficiale: è il calibro 4130 (montato sulla Ref. 116520), nuovo movimento interamente sviluppato e prodotto da Rolex, che ora può orgogliosamente affermare di produrre autonomamente ogni parte del Daytona. Esteticamente cambia poco: sul quadrante il piccolo contatore delle ore cronografiche e quello dei secondi (precedentemente rispettivamente posizionati a ore 6 e ore 9) si sono ora cambiati di posto. Anche in questo caso le versioni sono molteplici e, ormai, riflettono il successo planetario di questo orologio, fino a raggiungere esiti che un purista non tarderebbe a definire grotteschi. Uno su tutti: il modello leopardato con il caratteristico quadrante e cinturino. Questo modello, in vendita nelle boutique Rolex a prezzi superiori ai 60.000 euro ha la cassa in oro ed è tempestato di diamanti.

TAG HEUER MONACO
Presentato nel marzo del 1969, questo storico modello provocò un vero shock negli astanti con le sue caratteristiche totalmente controcorrente rispetto all'orologeria tradizionale: cassa squadrata, quadrante blu, grande lancetta rossa dei secondi cronografici. Ancora più sensazionale il suo movimento: il calibro 11, meccanico a carica automatica, è stato il primo con cronografo dotato di micro-rotore di carica. è diventato improvvisamente un mito dopo la sua apparizione nel film Le Mans del 1970, indossato dal grande Steve McQueen.
A scatenare l'interesse di McQueen fu Jo Siffert, pilota molto famoso all'epoca, tra i primi ad essere sponsorizzato ufficialmente da una casa orologiera, la Heuer. McQueen, si racconta, fu talmente impressionato dal Monaco da volerne a tutti i costi indossarne un esemplare durante le riprese. E così avvenne. In tal modo, questo particolare modello sportivo divenne presto un cult, al pari di oggi, sogno di ogni collezionista di segnatempo sportivi d'annata.
Riproposto nel 1998 in un'edizione limitata di 5.000 esemplari, si è imposto tra il pubblico degli appassionati e come modello particolarmente trendy, acquisendo uno status ancora più significativo tra gli orologi di prestigio. La fama confermata ha permesso di creare alcune varianti piuttosto interessanti: il Monaco Sixty Nine Concept Watch (prototipo presentato al Salone Internazionale dell'Orologeria di Basilea del 2003, primo esempio al mondo di orologio meccanico “double face” con cronometro elettronico digitale al millesimo di secondo), il Monaco V4 (concept protagonista a Basilea 2004: deve il nome alla presenza di quattro “bariletti” di carica, disposti a V come in un motore a pistoni).
Nel 2006, il Monaco ha voluto recare omaggio anche al suo indossatore. In occasione di quelli che avrebbero potuto essere i 75 anni di Steve McQueen, produsse una serie limitata di 4.000 esemplari, contraddistinti dal quadrante bianco con fascia rossa e blu, richiamo ai colori della tuta di McQueen e Siffert nel film che li vide protagonisti.
Ma il mito non ha ancora finito di stupire, continuando in un rinnovamento continuo. Nel 2007 con il TAG Heuer Monaco Vintage Limited Edition, prodotto in serie limitata di 4.000 pezzi e caratterizzato, sul quadrante dal logo GULF con le bande azzurra e arancione. E' un tributo alla Porsche 917-K con i colori della famosa compagnia petrolifera, guidata da Steve McQueen durante il film Le Mans. Nel 2009, per celebrare i 40 anni dalla nascita di questo storico modello Tag-Heuer presenta una nuova collezione. Oltre al Monaco Classic Chronograph equipaggiato con il calibro 12 a carica automatica, è disponibile una serie speciale in soli 1.000 esemplari della replica originale del primo modello del '69.

OMEGA SPEEDMASTER "MOONWATCH" (Ref. 3570.50)
La saga del “primo orologio indossato sulla luna” inizia nel lontano 1957. E' in quell'anno che viene commercializzata la prima versione. Questo nuovo cronografo sportivo è frutto di uno studio meccanico iniziato ben diciassette anni prima, in piena Seconda Guerra Mondiale. Nel 1940, alla Lemania, una delle aziende orologiere svizzere più quotate al mondo, viene affidato da Omega SA il compito di creare un nuovo calibro per un cronografo con totalizzatore delle ore. Il progetto viene denominato 27 CHRO C12 (movimento di 27 cm di diametro, cronografo, indicatore delle ore cronografiche). Ribattezzato da Omega Calibro 321 (o Lemania 2310) è il primo cuore pulsante del nuovo prodotto. Claude Baillod è responsabile del design dello Speedmaster: cassa da 39 mm di diametro, lunetta (la “cornice” attorno al vetro) in acciaio, quadrante nero, lancette a guisa di freccia, contaminuti alle 3, contaore alle 12, secondi continui alle 9, secondi del cronografo al centro, lancette di grandi dimensioni, quella delle ore con “freccione”.
Nel 1960, la prima evoluzione: il diametro della cassa passa a 40 mm, la lunetta con scala tachimetrica diventa nera, le lancette passano alla configurazione Dauphine.
La NASA dice “sì”. Nel 1965 il Dipartimento spaziale americano si trova nella necessità di avere uno strumento adeguato per i suoi astronauti impegnati in missione. Inizia un processo di valutazione che vede coinvolti cinque orologi di marche differenti per sottoporli a test molto duri e probatori, in condizioni di stress tipiche di una missione spaziale: vengono scelti un Breitling, un Bulova, un Longines, un Rolex e un Omega Speedmaster. I tre finalisti che si contendono la palma di miglior segnatempo sono il cronografo di Rolex, il Longines Wittnauer e l'Omega Speedmaster (la casa svizzera, curiosamente, venne a saperlo solo nell'aprile 1966: da quel momento, il suo Speedmaster sarà ribattezzato come “Professional”).
Il Rolex si fermò nel test di umidità e in quello di elevata temperatura (le lancette si “fusero” l'una sull'altra), il Longines soffrì il distacco del vetro del quadrante (lo stesso guaio accadde con un altro esemplare). Lo stesso Speedmaster non fu brillante al 100%: nel test di decompressione guadagnò 21 minuti, nel test di accelerazione ne perse 21, oltre a vedere seriamente danneggiata l'illuminazione di indici e lancette. Nonostante questo, fu comunque considerato il migliore. Lo Speedmaster, come noto, sbarcò sulla luna nel '69 ed è questo, oggi, il suo vanto. La NASA ne fu entusiasta tanto da continuare ad utilizzarlo per tutti i suoi scopi esplorativi. Nel 1978, con la partenza del programma dello Shuttle, fu sottoposto a una nuova serie di test di robustezza (ancora più severi) assieme ad altri 30 orologi. Ne risultò, ancora una volta, il migliore di tutti.

UN NUOVO MOVIMENTO
Nel 1968, il movimento cambia. Il Calibro 321 viene ammodernato con alcuni miglioramenti per renderlo ancora più preciso e affidabile (dal sistema di smistamento delle funzioni cronografiche con “ruota a colonne” a un dispositivo “a camme”; dai ponti del movimento ad arco al ponte a trapezio, dal bilanciere a viti al bilanciere liscio…). Nasce così il Calibro 861 (o Lemania 1873), del quale negli anni sono state sviluppate alcune versioni che hanno equipaggiato una grande varietà di Edizioni Speciali dello Speedmaster Moonwatch (sicché si può parlare della “famiglia” dei calibri 861). Il Calibro 863, ad esempio, venne utilizzato per un modello “speciale” equipaggiato con un vetro anche sul lato del fondello, che permette di ammirare il movimento. Il Calibro 864 per alcune edizioni limitate prodotte negli anni 90. Il calibro 866 presenta le fasi lunari e si riferisce a un modello speciale prodotto nel 1985 in 2.000 esemplari. Nel 1996, infine, il movimento viene ulteriormente migliorato, e aggiornato in “calibro 1861” (e le sue varianti), con alcune piccole modifiche ed è quello in vendita attualmente presso i concessionari ufficiali.

LE VERSIONI SPECIALI
L'Omega Speedmater Moonwatch è stato prodotto in una vastissima gamma di edizioni limitate, la maggior parte riconoscibili per la particolare grafica dei piccoli quadranti del cronografo, le scritte sul quadrante, la forma delle lancette.
Si segnalano, tra i tanti, l'Apollo 11-30th Anniversary del 1999 (9.999 esemplari), il Moonwatch Snoopy "Eyes to the Stars" del 2003 (5.441 unità), l'edizione speciale “July 20, 1969” (con quadrante bianco e contatori neri). Nel 1985 fu prodotto lo Speedmaster Moonphase con un quadrante aggiuntivo in corrispondenza delle ore 12 e recante il datario e le fasi di luna. Di questo modello furono prodotte tre serie, limitate a 1.300, 400 e 300 esemplari rispettivamente. Bisogna quindi attendere la fine del millennio per assistere alla riproposizione di una nuova collezione Moonphase in varie versioni: quadrante bianco o argentato, quadrante “scheletrato” che lascia intravedere il movimento, cassa in oro bianco ecc.
Nel 2007, inoltre, Omega ha lanciato l'edizione speciale commemorativa dei 50 anni: il “50th Anniversary”, tirato in sole 5.957 unità. L'apoteosi per il collezionista di uno Speedmaster, tuttavia, è certamente l'edizione speciale “Gemini, Apollo, Skylab”, una valigetta (prodotta qualche anno fa in soli 40 esemplari) contenente 23 Moonwatch, uno per ognuna delle missioni compiute dalla NASA in 40 anni di operatività. Il valore di questo eccezionale prodotto supera abbondantemente 100.000 euro.

MOLTI SPEEDMASTER, UN SOLO MOONWATCH
In epoche più recenti la “saga” dello Speedmaster si è allargata a una gamma molto ampia di versioni, caratterizzate da movimenti differenti rispetto al “Moonwatch” (saldamente ancorato alle origini: cassa e bracciale in acciaio, movimento a carica manuale, funzioni di ore, minuti, secondi e cronografo), sviluppati anche il polso femminile. Queste versioni più moderne sono caratterizzate da movimento meccanico ma a carica automatica (calibro Omega) e altre funzioni: datario, giorno della settimana, movimento con particolarità del cosiddetto “scappamento coassiale”. La ref. 3570.50, però, resta saldamente ancorata alle origini.

Autore: Alvise-Marco Seno

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