lunedì, ottobre 16, 2006

Binda, in un secolo da bottega a industria che impone i suoi marchi su tutti i mercati



Fondata nel 1906 l’azienda ha oggi un fatturato di 230 milioni di euro, che realizza con i marchi Wyler Geneve, Breil. La diversificazione in profumi, gioielli e pelletteria

ANGELO CIMAROSTI

Michelino da Besozzo fu artista elegante, rappresentante del gotico a sud delle Alpi nel tardo Medioevo. Preciso e minuzioso, non tradì mai la sua vocazione ai fondi oro, ai particolari e ai dettagli delle miniature. Si vede che a Besozzo, centro in provincia di Varese, la precisione e l’eleganza sono virtù ereditarie, come l’aria che scende incanalata dal lago Maggiore. A cinque secoli di distanza dall’epoca di Michelino, nel 1906, Innocente Binda, figlio di piccoli commercianti, fonda un’attività legata alla minuziosità, all’oro, ai misurati calibri delle casse degli orologi, dei meccanismi millimetrici, della tradizione che veniva da oltre le montagne. E’ la nascita della Binda, storica azienda milanese che festeggia il secolo di attività attraverso mille cambiamenti ma sempre fedele al mondo dell’orologeria, con un fatturato consolidato di 230 milioni di euro e molto da chiedere al futuro.
"Nonno Innocente racconta l’attuale amministratore delegato del gruppo, il nipote Marcello capì che gli orologi di pregio avevano bisogno di una struttura di assistenza e di ricambi facile da raggiungere, senza che i clienti dovessero rapportarsi direttamente con gli svizzeri". LA cosa funziona e appena dieci anni più tardi Innocente, con una dozzina di dipendenti, si trasferisce nel cuore di Milano, che allora era "la città che sale" di Boccioni. Anche gli affari salgono, e in fretta. Nel 1932 inizia la vendita degli orologi Wyler, marchio a cui, data l’epoca, si aggiunge un autarchico ma efficace nome "Vetta", frutto anche della passione per il ciclismo del fondatore. La Wyler Vetta si fregia di testimonial di eccezione: è al polso di campioni come Combi e Meazza, quelli della nazionale che vince il primo mondiale di calcio. La promozione è sempre stata un pallino dei Binda, e continua ad esserlo. Negli anni ’50, per dimostrare la robustezza dei meccanismi, gli orologi vengono impietosamente lanciati dalla Tour Eiffel. Decenni dopo, il marchio di famiglia Breil (dal 1942) si caratterizza per spot famosissimi, da "Toglietemi tutto ma non il mio Breil" all’attuale "Don’t touch my Breil". L’epoca, gloriosa, di nonno Innocente è finita. Fu un imprenditore paternalista e oculato, anche dal punto di vista immobiliare. L’attività, nel centro di Milano, si sublimò in una sorta di storica "cittadella" in via Cusani, dove Innocente fece crescere la sua azienda comprando un cortile dopo l’altro, e accorpando le costruzioni, tra laboratori, uffici e magazzini. L’azienda passò di mano, prima al figlio Mario, l’attuale presidente, poi ai nipoti Marcello, 46 anni, e Simone, 41, con la delega finanziaria. Nel ‘93 il marchio Wyler viene acquisito in blocco dalla famiglia, perde il "Vetta" e si trasforma in Wyler Geneve, con un posizionamento di alta gamma. La parte del leone la fanno da un lato Breil, dall’altra la lunga serie di licenze, come D&G, Dolce e Gabbana, Time, Nike Timing, la distribuzione di cellulari di nicchia Vertu, il lancio delle linee gioielli, profumeria, e pelletteria a marchio Breil e Trudi Jewels.
La grande sfida, dal 2002, è quella dei negozi monomarca, con Breil: "Tutto in un’ottica di allargamento globale. Abbiamo inaugurato filiali a Shanghai, a Miami, a Monaco, Hong Kong e Barcellona. Vogliamo che i mercati conoscano Breil in modo non filtrato. E teniamo a consolidare la nostra immagine in Italia". A questo si aggiunge la campagna allo studio nel 2007. Cambierà il "Don’t touch my Breil". Insomma, almeno una volta in un secolo i Binda permetteranno di toccarlo.

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